CAPITOLO 14
14.5.1 Stefania Moro e Antonio Pagnozzi

Anche per quel che riguarda la figlia primogenita Stefania sono davvero poche le notizie in nostro possesso ed assolutamente nulle sono le fotografie che la rappresentano in età adulta. Non sappiamo che studi abbia fatto ma c’è da credere che abbia sicuramente frequentato l’università.

Conosce e si fidanza con un funzionario della Polizia operante nella divisione politica della Questura di Milano di nome Antonio Pagnozzi. I due si sposano all’inizio degli anni ’70 e di quelle nozze è giunto fino a noi un trafiletto di giornale in cui appunto si da notizia dell’evento.

Trafiletto tratto dal Corriere della Sera recante la notizia delle nozze di Stefania Moro ed Antonio Pagnozzi

La coppia avrà due figli:

1) Gianluca (1973 - 1999)
Venuto a mancare in giovane età in un incidente

2) Chiara (1974)

A riguardo del Dott. Antonio Pagnozzi si possono trovare molte informazioni su internet poiché tutt’ora attivo nella Polizia ed anch’egli presente (forse in misura più impegnativa e pericolosa del suocero Renato in quanto esposto proprio in prima linea) nella Milano degli “Anni di Piombo”.

Proprio da internet troviamo un interessantissimo articolo a suo riguardo, pubblicato nel 2002 mentre era Prefetto (la massima carica a cui può ambire un poliziotto) della città di Lecco, che ben ci aiuta ad inquadrare questa persona e fornisce anche scarne informazioni riguardo al suo nucleo familiare. Proprio comparando questo articolo con la sua età che viene riportata si può stabilire che Antonio è nato nel 1936 quindi ha 12 anni più della moglie Stefania.

Intervista al Prefetto di Lecco Antonio Pagnozzi (articolo – anno 2002)

Di seguito vengono elencati i punti salienti del suo brillante e davvero interessante curriculum vitae così come vengono descritti nei vari articoli a lui legati:

- Nasce a Cervinara, in provincia di Avellino e si laurea in Giurisprudenza all’università di Napoli. Nel 1964 viene nominato vice Commissario di Polizia e assegnato alla Questura dell’Aquila dove dirige l’Ufficio Politico (attuale DIGOS). Nel 1967 si trasferisce a Milano dove fino al 1973 è a capo della speciale sezione che si occupa della contestazione giovanile.

- Nel 1973 assume la direzione della Squadra Mobile di Milano per poi passare alla guida della Criminalpol della Lombardia fino al 1988 (sono questi gli anni dei sequestri di persona e della presenza a Milano di famigerate organizzazioni criminose e mafiose dell’Anonima Sequestri).

- Nel 1988 lascia Milano perché promosso Questore di Cosenza . Nel 1991 viene nominato Questore di Pavia, nel 1994 Questore di Genova e nel 1998 Questore di Roma (insieme ad altri 3 colleghi) durante l’omicidio D’Antona e la preparazione per il grande Giubileo. Nel 1999 è assegnato alla Prefettura di Vercelli e nel 2000 viene nominato Ispettore Generale di Amministrazione.

- E’ stato insignito dell’onoreficenza di Grande Ufficiale al merito della Repubblica Italiana ed altri riconoscimenti ha ricevuto da Germania, Spagna e Belgio.

- Nel 1975 il Comune di Milano gli assegna l’Ambrogino d’Oro e nel 1996 ottiene il Premio Città di Genova.

Leggendo la stampa si scopre che Antonio Pagnozzi è la classica persona di piglio che non si è mai nascosta tra le carte ma, al contrario, si è sempre mossa in prima linea; Antonio ricorda le preoccupazione dei suoi genitori quando venne trasferito nella pericolosa Milano (ricorda infatti che disse a sua madre: “Secondo te, arrivo a Milano e mi uccidono…??”).

Durante le varie interviste Antonio, dall’alto della sua lunga esperienza, fa una carrellata su tutta la lunga scia di criminalità che ha destabilizzato il capoluogo meneghino, a partire da Piazza Fontana e gli scontri studenteschi del ’68 passando poi per gli anni dei sequestri (le bande dei sardi e dei calabresi al soldo della mafia, le Brigate Rosse) e degli efferati omicidi (primo fra tutti del commissario Luigi Calabresi), per passare poi ai casi più nostrani come ad esempio Renato Vallenzasca.

Proprio la squadra da lui guidata aveva sgominato la banda Vallanzasca (ma le sue raccomandazioni a vigilare da vicino “il bel Renè”, poi effettivamente evaso come temeva, rimase voce nel deserto). Liberò di persona Carlo Lavezzari, tra le prime vittime dell' anonima sequestri (per sostenerlo gli fece un caffè con la macchinetta trovata nel covo).

Soprattutto al riguardo del Comissario Luigi Calabresi (1937 – 1972) anch’egli barbaramente ucciso, Antonio sovente si sofferma nelle sue interviste e ricorda la lunga amicizia ed i tanti anni di lavoro gomito a gomito insieme anche ad Antonio Allegra, suo testimone di nozze e, in quei tempi, Capo dell'Ufficio Politico della Questura.

Leggendo i vari articoli che lo riguardano si nota fin da subito che Antonio della sua carriera non parla mai volentieri: ha il riserbo tipico degli investigatori di razza. Ma se proprio vi è costretto mettere sempre in risalto per prima cosa il lavoro dei collaboratori.

Alla fine di un articolo, ad una domanda personale su quale sia per lui il suo maggior successo professionale Antonio così risponde: “Essere sopravissuto! Fisicamente, perché per anni sono stato nel mirino dei terroristi. E politicamente perché nessuno ha mai potuto etichettarmi e ciò mi ha fato guadagnare una considerazione unanime. Ma i successi sono sempre frutto di un lavoro di gruppo. Ai miei collaboratori dico sempre <> e mai <>”.

Ricordo ancora quando una sera mio padre con orgoglio mi aveva segnalato un articolo riguardante Antonio dicendomi: “leggilo che è davvero interessante”. Io ai tempi non sapevo chi fosse il protagonista di questo articolo e allora mio padre mi aveva spiegato che si trattava proprio del marito di Stefania Moro.

In questo articolo che riassumeva tutta la sua carriera, apparso su una delle più autorevoli testate giornalistiche italiane, in occasione del suo insediamento come Questore di Roma, si legge a proposito dei collaboratori: “…Senza di loro – ha sempre detto con la signorile pacatezza che lo contraddistingue – non avrei potuto raggiungere certi risultati” [Corriere della Sera, 22 Gennaio 1998].

Sempre su internet si scoprono molte altre cose che danno vanto all’azione coraggiosa che Antonio fa durante gli Anni di Piombo: addirittura si scopre che Antonio era fra i presenti nella stanza della questura di Milano dalla quale "cadde" Giuseppe Pinelli (1928 – 1969) e leggendo sempre su internet le pagine scritte dalle fonti anarchiche si scopre che il suo nome era entrato nel testo della canzone popolare “La Ballata del Pinelli” composta da una gruppo di anarchici proprio all’indomani del funerale in cui sostanzialmente si chiedeva anche la testa di Antonio Pagnozzi!!!

Quella sera a Milano era caldo

ma che caldo, che caldo faceva.

"Brigadiere, apra un po’ la finestra"

ad un tratto Pinelli cascò.
“Stiamo attenti indiziato Pinelli

questa stanza è già piena di fumo

se tu insisti apriam la finestra

quattro piani son duri da far”.
Guida, Allegra, Pagnozzi, assassini

che un compagno ci avete ammazzato

l’anarchia non avete fermato

ed il popolo alfin vincerà.
E tu Guida e tu Calabresi

Se un compagno ci avete ammazzato

Per coprire una strage di stato

Questa lotta più dura sarà

Ballata del Pinelli (Il feroce questore Guida) (stralcio del testo originale - 1969)

Leggendo le sue interviste si vede come Antonio per il suo lavoro punta soprattutto sulla presenza e sul contatto con la gente. Molto ricorrenti infatti sono sue frasi tipo: “La prima cosa che devo fare è quella di ascoltare, capire i problemi che mi stanno attorno” [La Repubblica, 20 Gennaio 1998] oppure “…Ora devo sforzarmi di conoscere questa città, di andare tra le gente, per rendermi interprete delle necessità, per affrontare i problemi, sempre con i collaboratori perchè‚ sono per il gioco di squadra, come ho imparato da poliziotto. Pure da prefetto starò poco seduto. Anche se è vicina, a Milano tornerò solo il sabato a coltivare le mie passioni, il jazz, la fotografia: per conoscere bisogna stare sul posto. Mia moglie? E' da 30 anni che l'ho abituata così…” [Corriere della Sera, 04 Dicembre 2001] in cui sottolinea che purtroppo spesso il suo profondo e radicato senso del dovere lo porta a dover tralasciare persino gli affetti più cari.

In un’altra intervista confessa: “… Certo, pagavamo caro fare il nostro dovere. Ai miei raccomandavo di andare in giro in borghese. Pericoloso farsi vedere in divisa. "Dipingi di giallo il tuo poliziotto", ricorda? A me - sottolinea - è andata bene. Anche quando le piazze di Milano erano in tumulto i più si rendevano conto che io cercavo di capire, che non avevo etichette politiche. Godevo di una specie di lasciapassare sia alla Statale sia a San Babila, la base dei neri. Però con mia moglie, figlia di un funzionario di polizia, andavamo al Circolo ufficiali, meglio non frequentare locali pubblici”. [Corriere della Sera, 05 Dicembre 2001]

Si vede dunque che non è ipocrita e non gioca a fare il superuomo, ammette le sue paure ed il desiderio di preservare la famiglia da ritorsioni o pericoli derivanti dalla sua posizione in vista e “delicata”.

Spesso nelle immagini trasmesse dalla televisione riguardo gli efferati Anni di Piombo della Milano di fine anni ’70 si vede apparire anche Antonio Pagnozzi tra le forze dell’ordine, impegnato a non cadere vittima della paura e a dare tutto il suo contributo alla salvaguardia dell’onestà e della giustizia. Si può concludere dicendo che tutta la cronaca tristemente famosa di quegli anni è stata vissuta in prima persona dal coraggioso Antonio!!!

Passati i cupi anni ‘70 e terminata la scia di violenza collegata ad essi l’impegno di Antonio si è svolto nella Criminalpol e si è concentrato soprattutto contro la piaga della droga e della cocaina ed anche qui Antonio ha affrontato di petto e senza mai tirarsi indietro tutte le sfide che gli si sono parate di fronte ottenendo ottimi risultati di cui andare orgoglioso e proprio in queste occasioni in cui le polizie internazionali si intrecciavano per dare la caccia ai narcotrafficanti Antonio ha conseguito le onorificenze estere di cui si parlava all’inizio della sua descrizione.

Leggendo tutte queste interviste si viene a scoprire anche alcuni dati importanti riguardo alla sua famiglia infatti si scopre che la moglie Stefania lavora come Executive Producer pubblicitaria mentre la figlia Chiara lavora a Milano come Pr. Nelle interviste del 1998 si fa sempre menzione al fatto che Antonio ha due figli mentre in quella apparsa sul giornale di Lecco del 2002 non si fa menzione del figlio Gianluca che quindi probabilmente è già venuto a mancare.

Ricordo bene la notizia della sua scomparsa, mio padre e mio zio erano andati ai funerali del giovane scomparso a soli 25 anni nel 1998 o 1999. La mesta occasione del funerale di Gianluca è stata l’ultima volta in cui si sono visti questi nostri parenti. Alle esequie era presente anche il vecchio nonno Renato Moro, visibilmente scosso ma comunque fermo e risoluto nonostante avesse già da tempo superato gli 80 anni di età. Una simile disgrazia è forse stato l’unico momento in cui anche un uomo forte come Antonio, abituato ad affrontare tutte le brutture della vita sempre di petto e con coraggio, avrà pianto…

Le immagini più recenti relative ad Antonio Pagnozzi ci vengono sempre da internet e sono relative agli anni di lavoro come Prefetto di Lecco. In una di queste lo si vede mentre consegna una targa di omaggio al noto alpinista Riccardo Cassin (1909 – 2009) in occasione delle feste per i suoi 90 anni mentre in un’altra immagine riceve il Senatore a vita Oscar Luigi Scalfaro in visita a Lecco nel 2003.

L’accoglienza all’ex presidente Scalfaro è stata l’ultima sua mansione dopodiché per Antonio è giunta la meritata pensione nel Settembre 2003. Probabilmente ora si dedica alla lettura di libri ed all’ascolto di musica classica e jazz (come lui spesso ha sottolineato nelle sue interviste) ma è davvero incredibile pensare inoperosa una persona del suo calibro.

Immagini di Antonio Pagnozzi Prefetto di Lecco (fotografie – anni 1999 e 2002)