CAPITOLO 6
6.2 - Infanzia e gioventù

Nella casa (o probabilmente nella capanna di legno) in cui vive la famiglia Tirloni, Joao si ritrova unico bambino insieme a tre sorelle più grandi, probabilmente inizialmente lui si ritrova ad essere “usato” delle sorelle che in mancanza di bambole adoperano i più piccoli della famiglia come giochi per imparare a fare le mamme.

Quando Joao ha da poco compiuto 2 anni viene al mondo un altro fratello, un sicuro compagno di giochi: Vittorio, e dopo di lui arriveranno ben altri 7 fratelli!!! Quando nasce l’ultimogenita Antonia, Joao ha quasi 14 anni ed è un giovane che ormai ha da molto tempo abbandonato i giochi e la spensieratezza infantile a favore degli attrezzi da lavoro e della dura fatica.

Per Joao non c’è molto tempo da dedicare allo studio ma impara comunque a leggere, scrivere e, come si diceva un tempo, “fare di conto”. Lui, essendo il primo figlio maschio, rappresenta l’aiuto necessario al padre Alessandro nel suo duro lavoro quotidiano quindi si deve pensare che Joao sin da bambino inizia a fare l’abitudine con il sudore del lavoro e con i rischi della vita di pioniere. Aiuta il padre nel taglio delle piante e nel lavoro dei pochi campi conquistati a fatica dal mato e sicuramente è poco più che bambino quando per la prima volta utilizza i pericolosi strumenti da taglio o inizia ad impratichirsi con macheti e armi da fuoco.

Al giorno d’oggi fa davvero impressione pensare che inizia a convivere quotidianamente con il rischio a meno di 10 anni!!! Forse lo fa in maniera inconscia e, proprio perchè ancora bambino, non riesce a cogliere appieno i rischi a cui va incontro imbracciando una spingarda, facendo la guardia contro i Bugres, arrampicandosi sulle piante con in mano attrezzi da taglio o seguendo la legna lungo i corsi d’acqua ma anche questa illusione di sicurezza sicuramente viene presto meno perchè gli incidenti sono sempre all’ordine del giorno e le cronache quotidiane sono sempre piene di notizie di incidenti fatali occorsi ai pionieri che accompagnano i Tirloni in questa avventura.

Man mano che crescono, i fratelli minori Vittorio ed Emanuele lo affiancano nel pericoloso lavoro ma per lui questi rappresentano sia un aiuto che un problema perché sono sempre e comunque due giovani da indottrinare, controllare e che possono creare guai a causa dell’iniziale inesperienza. In mancanza del padre, Joao ha la responsabilità sia dell’incolumità che soprattutto delle azioni dei fratelli minori, lui deve prendere le decisioni su cosa fare e come agire nelle varie situazioni ma se qualcosa va storto lui è il colpevole di tutto e a lui più di tutti gli altri vengono rivolte le tremende sfuriate paterne.

Conoscendo il brutto carattere di Alessandro si fa presto a capire che, a meno che Joao fosse stato particolarmente fortunato, poco o nulla di quello che faceva sarà mai andato totalmente a genio ad Alessandro ed anche se Joao avesse obbedito ed asservito ciecamente la volontà paterna senza mai obbiettare difficilmente avrà ricevuto dal padre un complimento o una buona parola per il suo operato… Non deve essere stata per niente facile l’adolescenza di Joao!!!

Non sappiamo con esattezza in che periodo avviene l’emancipazione che porta il papà Alessandro ai livelli di potenza economica che ben conosciamo, non sappiamo quindi esattamente quando iniziano ad entrare in funzione tutte le segherie ed infine l’emporio ma possiamo immaginare che tutto sia arrivato a pieno regime durante l’adolescenza di Joao. Il giovane vive sulla propria pelle in prima persona questa grande e radicale trasformazione: non più una famiglia di pionieri che vivono a fatica ma una famiglia di autentici imprenditori che …..comunque devono lavorare sempre di più ma per lo meno le condizioni di base sono cambiate!!!

Anzitutto questo per lui significa un incremento del lavoro ma anche delle responsabilità e soprattutto dei rischi ad esso legati; una mole maggiore di affari significava più lavoro nel mato e nelle segherie con il rischio di infortuni, più viaggi lungo il fiume come balseri sulle cataste di legna con il rischio di morire annegati e più spostamenti con il rischio di spiacevoli incontri con i selvaggi Bugres. Insomma, tutto sommato era quasi peggio di prima…..

Il papà Alessandro probabilmente adesso tende sempre meno a rischiare la vita tagliando le piante nel mato e passa più tempo a dirigere i lavori nella segheria e controllare l’emporio quindi la parte davvero rischiosa ora tocca ai 3 giovani fratelli Tirloni e Joao è alla testa del gruppo. A casa, mentre i giovani mettono ogni volta in gioco la loro vita, tutte le donne di famiglia, seppur preoccupate per la sorte dei ragazzi, devono affaccendarsi nella complessa gestione di tutto questo “impero economico” che affianca le segherie (tavola calda, capanni per i lavoranti, emporio ecc.) nato grazie all’ostinata volontà del padre Alessandro e cresciuto e mantenuto tale grazie alla strenua ed instancabile operosità della mamma Elisabetta e del suo obbediente "esercito” di figlie.

Quando poi ci si ritirava per dormire e ritemprarsi un pò dalle tante fatiche del giorno niente di più facile che il sonno del giovane Joao fosse bruscamente interrotto dagli attacchi dei selvaggi Bugres oppure non iniziasse nemmeno perché insieme al padre ed ai fratelli doveva appostarsi a fare la guardia. Possiamo solo immaginare la paura che il giovane provava quando nel cuore della notte veniva bruscamente svegliato dal padre che, magari già con la spingarda in mano, lo spronava ad alzarsi di corsa e armarsi!!!

Chissà cosa succedeva in casa in quelle lunghe notti in cui gli uomini erano di guardia, chissà se le donne si riunivano insieme alla mamma e magari dicevano una preghiera oppure riuscivano a stare nei loro letti e tenevano le loro preoccupazioni tutte per se… Senza contare che anche quando partivano per portare la legna in città il pensiero a chi restava a casa in potenziale balia dei selvaggi non aiutava a strare sereni e concentrati sui pericoli che potevano accadere a loro stessi…. Sicuramente le occasioni per preghiere e richieste di intercessione non erano poche!!!

Dai racconti tramandati fino ai giorni nostri si evince chiaramente che Joao è un giovane buono, ligio al dovere e molto obbediente. Ha un forte senso di responsabilità e, anche se forse avrebbe preferito fare altro, non scansa mai i suoi doveri ed abbassa sempre la testa di fronte alle imposizioni dei genitori eseguendo sempre gli ordini che gli vengono impartiti dal tremendo padre Alessandro. Non sappiamo se in gioventù abbia mai accennato a qualche ribellione nei suoi confronti!!

Come tutti i giovani membri della famiglia Tirloni è un grandissimo lavoratore, infaticabile proprio come suo padre ed è sempre pronto a fare tutto quello che serve. Ovunque ci sia lavoro da fare, di qualunque tipo, lui si presta con impegno ed abnegazione: dal lavoro nelle segherie al pericolo del mestiere di balsero, dal lavoro nei campi al lavoro nelle fornaci di mattoni, dalla caccia ai Bugres alla vendita dietro al bancone dell’emporio. Quel poco di scolarizzazione che ha gli è utile anche per aiutare – sempre che il padre Alessandro gli abbia mai dato la possibilità di farlo – a tenere tutti i conti dei molteplici affari di famiglia.

Ha un carattere calmo ed un indole tranquilla, non gli piace litigare o discutere e in caso di discussioni preferisce cedere per primo piuttosto che arrabbiarsi e litigare con i suoi cari. In questo è esattamente l’opposto di suo padre!!!

Dai racconti fatti da suo figlio, c’è da ritenere che Joao sia esteticamente più somigliante al padre Alessandro che non alla madre. In occasione della mia visita in Brasile nel 2009, durante l’incontro fatto con i parenti di Nova Trento, lo zio Joao non appena ha visto la vecchia foto di famiglia scattata nel 1912 ha subito commentato di slancio osservando il mio bisnonno Emanuele: “paresido a meu pai”! Sempre lo zio Joao in occasione del suo viaggio in Italia nel 1981 descrive il proprio padre come identico al parente italiano Ferdinando Tirloni (mio papà) che è il secondo nipote di Emanuele ed è molto somigliante al nonno.

Emanuele Tirloni e Ferdinando Tirloni (fotografie – 1912 e 1980)

Joao aveva dunque lo stesso volto ovale ed affusolato del padre Alessandro e dei fratelli minori Vittorio ed Emanuele; non ha il mento squadrato della madre Elisabetta ed anche lui, come la quasi totalità degli uomini di quel tempo, ha i baffi. Non sappiamo se fosse alto e fisicamente predisposto come il fratello Emanuele ma considerando la forma fisica dei suoi figli viene da pensare che Joao, a differenza del fratello Emanuele, dovesse essere un giovane di altezza media e dal fisico asciutto.

Per molto tempo si è creduto che di Joao non esistessero foto ed in effetti pensando che viveva in un Brasile ancora rurale ed è morto giovane veniva da pensare che forse non avesse mai incontrato un fotografo in vita sua. Persino molti dei suoi stessi discendenti, da me interrogati in merito ad una sua eventuale foto, hanno risposto che purtroppo non ne esistevano e neppure loro sapevano che volto avesse il loro avo; ci si doveva accontentare della descrizione fornita dallo zio Joao. Questo era un vero peccato perché Joao, se si esclude l’ultimo fratello Angelo morto durante il viaggio di ritorno in Italia, risultava essere l’unico degli 11 capostipiti della nostra grande famiglia di cui non si disponeva di una foto!

A dire la verità lo zio Joao sosteneva che esistesse una foto di suo padre che la madre Narciza conservava come una reliquia ed infatti, dopo una breve ricerca, una delle figlie dello zio Joao, la cugina brasiliana Geltrudes Tirloni Fernandes, ci ha fatto una grande sorpresa inviandoci quella che probabilmente è l’unica fotografia in assoluto di Joao Tirloni.

Joao Tirloni (fotografia – anni ‘10)

Non sappiamo quando Joao ha fatto questa fotografia ma quasi sicuramente è nei primi anni del Novecento infatti, nonostante la foto non sia di buona qualità, al momento in cui si è fatto ritrarre Joao è ancora giovane, con i capelli completamente scuri e si po’ presupporre che abbia un’età di circa 25 anni. La somiglianza con il fratello minore Emanuele è in effetti davvero molto evidente: stesso ovale del volto, stesso taglio di naso, occhi e zigomi ed addirittura stesso sguardo bonario!

Quando Joao ha circa 20 anni la sorella maggiore Rosa si sposa con Carlos Tridapalli, un uomo di Nova Trento. Nessuno sa dire con sicurezza come siano nati i rapporti con la comunità di Nova Trento, paese a circa una decina di chilometri di distanza da Porto Franco colonizzato soprattutto da emigranti appunto Trentini; forse i contatti con quella gente sono iniziati per motivi puramente commerciali e per una questione di vicinanza.

I possedimenti che il padre Alessandro ha ad Acqua Negra erano lungo la strada che porta appunto a Nova Trento e questo può essere stata una discriminate positiva fatto è che la famiglia Tirloni ha spesso contatti con la comunità di Nova Trento e ben due figli di Alessandro si sposeranno con gente di Nova Trento. Joao si reca molte volte in questa città tant’è che lo zio Joao ricorca che il padre parlava in bergamasco quando era a Porto Franco e parlava correttamente in vento quando si trovava a Nova Trento

La zia Francisca “Checa” Andreoli Tirloni racconta che il suocero Joao veniva spesse volte a Nova Trento anche per visitare la sorella Rosa ed in una di queste occasioni partecipa ad una festa che si tiene in paese ed è proprio in quell’occasione che conosce una ragazza sua coetanea di nome Narciza Domenica Gessele. I due giovani si trovano bene insieme, iniziano a frequentarsi ed infine si fidanzano. Secondo i ricordi dello zio Joao Tirloni può darsi che addirittura le famiglie Tirloni e Gessele già si conoscevano perché non bisogna dimenticare che Alessandro era un “uomo d’affari” decisamente potente quindi era conosciuto anche al di fuori di Porto Franco e, proprio per i suoi affari, aveva un ampio raggio d’azione e di conoscenze.

Anche nel caso di Narciza ci sono leggere discrepanze sia sui dati anagrafici che sulla corretta scrittura dei nomi come riportati nei documenti a lei riservati …purtroppo con questo tipo di errori bisogna fare abitudine sia per il fatto che erano scritti a mano (quindi di difficile rilettura) sia per il fatto che bisogna tenere sempre presente la naturalizzazione di tutti i nomi in lingua Portoghese voluta negli anni ‘40 dall’allora dittatore Getúlio Dornelles Vargas.

Volendo attribuire la maggiore attendibilità al certificato di battesimo si vede anzitutto che il suo cognome non è “Gessele”, come la tradizione ce lo riporta, ma va in realtà scritto “Gessel”; sempre secondo il certificato di battesimo la giovane è nata proprio a Nova Trento il 04 Giugno 1885 da Joseph Gessel (figlio di Cristoforo e Mariana Sgrot) e Angela Grot (figlia di Carlos e Domenica Goler) ed è quindi di pochi mesi più grande di Joao. Tutti questi cognomi sono di chiara lingua tedesca quindi fa quasi pensare che questa famiglia derivasse dalla Germania o Austria o, al massimo, dalla parte tirolese dell’Alto Adige italiano

Narciza viene battezzata il giorno 07 Settembre 1885 e le fanno da padrino il nonno paterno Cristoforo mentre madrina è la nonna materna Domenica Goler da cui Narciza eredita il suo secondo nome.

Certificato di battesimo di Narciza Domencia Gessele (fotocopia – anno 2004)

Non sappiamo di preciso in che anno i due giovani si conoscono e non ci è dato sapere se l’anziano padre Alessandro apprezzi la famiglia da cui proviene la ragazza e di conseguenza approvi la scelta fatta dal figlio maggiore; Joao ovviamente non può ancora saperlo ma questa ragazza di cui si invaghisce sarà determinante per lui e per tutta la nostra grande famiglia perché sarà proprio per stare con le che Joao, poco tempo dopo, compirà un gesto davvero eclatante!