Quando rimane vedova Narciza ha appena compiuto 39 anni (è infatti nata alcune mesi prima del marito) di cui quasi 15 trascorsi accanto al marito; si è da poco ripresa dall’ultima gravidanza e si ritrova a dover provvedere a tutti i suoi figli da sola; questa è una situazione già complicata per chiunque ma lo è soprattutto per lei che vive una vita da pioniera, isolata nel mato ed ha i figli ancora piccoli:
Gli altri 3 figli sono ancora età infantile: Palmo ha compiuto 4 anni il giorno successivo al decesso del padre, Argentino ha 2 anni e mezzo e la piccola Maria è ancora in fasce; sono troppo piccoli per dare anche il benché minimo contributo in una situazione travagliata come quella in cui adesso si ritrova la famiglia Tirloni!!!
Ricordando questi primi momenti senza più la guida del papà il vecchio zio Joao oggi commenta: “a perda de meu pai foi à maior tragédia de toda a família”!!! (= la perdita di mio padre è stata la maggior tragedia di tutta la famiglia). Suo padre Joao si occupava di tutto, dal lavoro manuale alla gestione dei commerci al controllo delle spese. Lo zio Joao prosegue il suo racconto dicendo che, al contrario di suo padre, la madre Narcisa era una brava donna di casa ma era assolutamente priva di qualunque capacità ed iniziativa commerciale; non era in grado di negoziare ciò che aveva ed a poco a poco era arrivata a perdere tutto quello che aveva (i buoi, in carro ed altre cose) svendendolo per racimolare qualche soldo.
Purtroppo in una situazione come questa Narciza era la tipica persona sbagliata al momento sbagliato.. Era sempre stata ben salda nel suo posto di moglie e madre di famiglia che accudisce la casa, il marito ed i figli in maniera ineccepibile, il suo regno erano sempre state le pareti domestiche e la tranquilla routine del focolare, non aveva capacità commerciale e non si era mai occupata degli affari tant’è vero che aveva sempre lasciato fare tutto al marito e non era mai entrata in merito alle sue decisioni.
Probabilmente non era stata entusiasta del trasferimento nel Garabel anche perché era una vita molto più rischiosa e pericolosa ma lei comunque sia restava una donna di casa e la sua mansione sarebbe stata comunque di occuparsi di quella casa sparsa nel mato e dei pochi animani che avevano, ora improvvisamente la situazione era totalmente cambiata e lei si era ritrovatra catapultata in una veste che non le apparteneva: doveva prendere decisioni, doveva pensare a come far arrivare in casa il denaro necessario per vivere e per di più doveva fare tutto questo in un posto assolutamente selvaggio in cui tutto era ancora “da incominciare”. Era una pioniera in balia di eventi molto più grandi di lei, completamente sola e con 7 figli piccoli… Era decisamente troppo per una donna come lei!!!
Chissà cosa avrà pensato in questi momenti la povera Narciza, chissà se magari, in preda al più tetro sconforto, avrà maledetto la scelta del marito di venire nel Garabel… Probabilmente in questi momenti di scoramento ed esaurita di fronte a tutti i problemi che doveva affrontare avrà visto la cognata Albina come l’unica responsabile della morte del marito e della tragedia in cui si trovavano ora lei ed i figli... Non sappiamo come siano andate veramente le cose ma analizzando la situazione viene quasi inevitabile giungere ad una simile conclusione e non si può oggettivamente farne una colpa alla povera Narciza che sicuramente, in una situazione come questa, sarà stata facile preda di esaurimenti e depressioni!
Oltre a queste mastodontiche difficoltà economiche che inziano a pesare sulle povere spalle di Narciza bisogna anche considerare che questa mamma solitaria era anche una donna che era appena stata staccata in questo modo così brutale ed ancora in giovane età dall’uomo che tanto amava e che tanto aveva fatto per lei. Questo distacco, questa perdità la segna in maniera indelebile e porterà per sempre ben visibile su di lei il dolore della vedovanza; non si risposerà mai più e conserverà per tutta la vita un attaccamento autentico alla memoria del defunto ed amatissimo marito a cui sopravviverà per ben 42 anni.
Narciza non si vergognerà mai di ammettere quanto le mancasse il marito soprattutto a livello affettivo e non farà mai niente per nascondere la sua nostalgia per i bei momenti di vita trascorsa al suo fianco infatti la zia Francisca, una delle nuore di Narciza, racconta: “la me puora sogra sempre contava de como Giovanni era bom e da saudade que ela sentia” (= mia suocera sempre raccontava di di come Joao fosse stato buono e della nostalgia che lei sentiva).
Sempre dalla voce della zia Francisca ci è arrivato un aneddoto che ben ci aiuta ad inquadrare i sentimenti più intimi ed il legame profondo provati da Narciza. Racconta infatti la zia: “a minha sogra ficou com a pipa (pequeno cachimbo) de Giovanni e toda vez que ela pegava o cachimbo e dava umas baforadas (sem tragar) era como se estivesse junto dele. Usou o cachimbo até aos 81 anos, quando faleceu” (= mia suocera aveva conservatola pipa di Joao e ogni volta che lei accendeva questa pipa e dava una boccata (senza inspirare il fumo) era come se si ricongiungesse con lui. Ha fumato il cachimbo fino ad 81 anni, quando è morta).
Sicuramente se non è arrivata a soccombere di fronte a tutta questa sfortuna è stato merito della sua grande fede ed anche di quel piccolo cachimbo che, per pochi minuti al giorno, la riavvicinava al suo uomo e le faceva trovare un po di conforto.