Va detto che in quel tempo le condizioni di vita per le classi povere sono davvero pesanti; le privazioni e gli stenti sono all’ordine del giorno e l’iniziativa personale di quei pochi che cercano di evolversi viene sempre stroncata sul nascere dalla realtà dei fatti, soprattutto per i contadini.
I contadini lavorano la terra dei padroni e l’economia rurale impone che anche quei pochi orti che vengono dati loro da gestire per i propri bisogni sono rilasciati in affitto e proprio per pagare questo affitto di solito si stabilisce che i raccolti di quelle terre siano divisi al 50% con i padroni, cui ovviamente spetta la parte migliore del raccolto. I contadini non solo quindi non lavorano la propria terra ma devono addirittura dare al padrone la metà del raccolto che producono nei loro piccoli orti.
Per tutti il sogno maggiore è quello di essere proprietari della terra per la quale lavoravano ed il richiamo del nuovo mondo, in cui c’è tanta terra pronta ad essere data a chiunque ne faccia richiesta è un miraggio irresistibile per le poche persone che non si rassegnano al destino in cui sono nati ma, al contrario, hanno voglia di evolvere, di emanciparsi.
Si può bene capire che Alessandro, un giovane determinato, con molta voglia di emergere ed a cui non manca certo il coraggio sta sempre più scomoda la vita a Bariano insieme ai fratelli che al contrario appaiono melensi nella loro rassegnata semplicità.
Nella realtà del tempo avevano molta eco i racconti, spesso di pura fantasia, sulle terre lontane che tutti genericamente chiamavano “La Merica”. Attraverso una intensa propaganda, questi luoghi erano descritti come autentici paradisi in cui la ricchezza e la felicità erano a portata di mano di chiunque. In Italia vi erano veri e propri agenti reclutatori di immigranti che, facendo leva sull’ignoranza popolare, descrivevano il Brasile come il paese della “Cuccagna”, una terra dove “Scorrono torrenti di latte e miele!! Le piante producono salumi!! Ci sono 6 stagioni di clima caldo!! Le montagne sono piene zeppe di oro e pietre preziose!”. Tutt’ora in Brasile i nostri parenti più anziani ricordano che i vecchi raccontavano: “In Italia dicevano che in Brasile esisteva una pianta che dava come frutto le salsicce, questa pianta si è rivelata essere il banano”.
A questo va aggiunto il fatto che il governo brasiliano aiutava i coloni sia dando la terra gratuitamente che addirittura offrendo ai coloni aiuti di vario genere e per un certo periodo il viaggio in Brasile nella terza classe dei piroscafi era addirittura gratis quindi è facile pensare che miraggio rappresentasse tutto ciò su una mente debole e affamata. Tutte queste notizie nascevano direttamente dalla propaganda degli uffici di immigrazione.
Gli opuscoli di propaganda puntavano anche sulle illustrazioni delle navi che facevano la spola tra l’Italia ed il Brasile che venivano mostrate in tutto il loro splendore a garanzia di un viaggio comodo e senza problemi. Forse questi racconti e questi opuscoli sono arrivati anche a Bariano e sono stati ascoltati da Alessandro…
Probabilmente, ma di questo non ci sono prove orali, abbiamo solo un’appunto a matita posto su un registro ingiallito dal tempo, nella famiglia Tirloni si è già verificato un caso di qualcuno che si è ribellato alla sorte ed ha tentato la fortuna emigrando: Giovanni Battista, uno dei fratelli di Alessandro di 15 anni più vecchio, pare sia emigrato in America ma non si sa in che data e dove effettivamente.
Forse spinto dall’esempio del fratello maggiore ma soprattutto mosso da questa voglia di migliorare la sua situazione Alessandro decide di compiere quello che a tutti gli effetti si può chiamare “il grande passo”: emigra in Brasile!!!
Presumibilmente i suoi fratelli si trasferiscono in seguito alla cascina Seriana di Morengo dove rimangono per molti anni. Attualmente questa cascina è disabitata ma i discendenti dei Tirloni della cascina Seriana vivono ancora a Morengo. Questa è l’unica notizia che fin’ora sappiamo di tutto il resto della famiglia di Alessandro rimasta in Italia (segnalazioni del signor Bettani Battista, ultimo proprietario della cascina Corsa recentemente scomparso).
Sulla data di partenza ci sono molte divergenze e fin’ora non si è mai trovata nessuna prova scritta o testimonianza attendibile. Mio nonno Peppino diceva che era partito a 17 anni, quindi nel 1869/1870, con in tasca solo 40 lire che per un emigrante erano comunque poche; uno zio del Brasile che molte volte ha visitato l’Italia, Alessandro Merico, memoria storica autorevolissima della nostra famiglia, sosteneva invece che la partenza era avvenuta intorno al 1873/1875. Di sicuro si sa che le prime notizie di Porto Franco risalgono al 1876 ed il comune stesso, sulla base di studi pone come sua data di fondazione il periodo compreso tra Maggio e Giugno del 1876.
Un dato che rafforza la tesi di una partenza proprio in questo anno è riportata in un libro scritto nel 1892 che, parlando del territorio della bassa bergamasca asserisce che la più grossa ondata di emigrazione in direzione dell’America si è verificata proprio nel 1876 e “…Solamente del piccolo Bariano ne emigrarono oltre a 200…”.
Chissà cosa avrà pensato Alessandro durante l’ultimo giorno trascorso a Bariano… forse il miraggio di una vita migliorare sarà stato uno sprone talmente forte da animarlo ancor di più! Chissà che emozioni avrà provato quando ha preso le sue poche cose – magari chiuse in una valigia di cartone – ed è uscito dalla casa in cui aveva trascorso tutta la sua vita per andare sostanzialmente incontro all’ignoto…
Chissà se al momento della partenza avrà rivolto lo sguardo verso il dipinto della Santa Vergine (che campeggiava sul muro esterno della sua povera casa proprio sopra all’arco d’ingresso meridionale) ed avrà rivolto una preghiera o una richiesta di intercessione verso quella che sicuramente veniva considerata dalle genti della cascina come la “loro” Madonnina.
Non sappiamo se Alessandro fosse un credente devoto ed osservante come tutta la sua discendenza e come praticamente la totalità della gente di un tempo; la spregiudicatezza e determinazione che lo hanno sempre contraddistinto lascia quasi immaginare una persona non molto incline ai sentimenti religiosi e fidelistici…
Probabilmente non sapremo mai quali siano stati i pensieri che hanno attraversato la mente di Alessandro in questo momento così cruciale della sua vita ma sicuramente non deve essere stato certamente un momento facile nemmeno per un giovane determinato, ambizioso e, probabilmente, già con il carattere decisamente duro e forte che lo ha sempre contraddistinto.
Sicuramente la “sana ignoranza” – dove con questo termine si intende dire proprio letteralmente la “mancanza di cultura” – sarà stato un aiuto: non si sapeva assolutamente a cosa si andasse incontro quindi non ci si poneva nemmeno il problema di quello che sarebbe capitato. Ammesso che avesse saputo che si parlava una lingua straniera e la natura era completamente differente da quella della nativa pianura bergamasca sicuramente non aveva nemmeno la capacità di cogliere in pieno cosa significassero ostacoli di questo tipo.
Va anche aggiunto il fatto che gli emigranti molto probabilmente venivano volutamente lasciati all’oscuro del lungo tempo che dovevano trascorrere in viaggio prima di arrivare all’agognata meta della terra americana. Sempre la mancanza di cultura impediva di realizzare il concetto assoluto di “distanza”; nella mente semplice della povera gente, abituata a ragionare usando come termine di paragone la propria realtà ed il proprio vissuto, già i 50 km che separano la città di Milano dalla città di Bergamo facevano si che questi due luoghi venissero percepiti appunto come “distanti tra loro”… Parlare di America era assolutamente fuori dalla loro portata mentale come potrebbe esserlo per noi parlare di viaggi spaziali!!!
Nelle cronache di questi viaggi e dai ricordi diretti che facevano all’epoca molti emigranti capitava spesso di sentire dire che la gente si imbarcasse ad esempio a Genova e la nave facesse tappa, dopo alcuni giorni di navigazione, ad esempio a Napoli oppure in qualche porto della Francia meridionale e tutti credessero di essere già arrivati in America…
Basta pensare che nessuno aveva mai visto il mare e adesso Alessandro si apprestava ad attraversarlo!!! Già: il mare; questo sconosciuto! Sicuramente non sarà stato facile e veloce arrivare a Genova da Bariano; non si sa come ci sia arrivato ma può darsi che ci abbia messo più di un giorno solo per arrivare a vedere, per la prima volta in vita sua, questa novità: il mare.
Non si sa con esattezza su che nave si sia imbarcato Alessandro ma è molto probabile che si trattasse della nave (ai tempi detto: “il vapore” oppure anche detto “il bastimento”) “Norte America” che, da studi fatti in Brasile, percorreva proprio la tratta da Genova al Brasile e nel 1876 in un solo viaggio aveva trasportato addirittura circa 900 emigranti. Durante questo viaggio per mare Alessandro si incontra con le famiglie Morelli, Maestri e Cavalca; in seguito queste famiglie si legheranno tutte a lui con vincoli di parentela.
La traversata dura circa 35/40 giorni ed è per tutti un esperienza traumatica: fame, freddo, stenti di ogni tipo e anche assoluta mancanza di igiene la rendono un autentico inferno. I dormitori di terza classe sono dislocati sotto il livello del mare (cosa celata negli opuscoli) quindi il ricambio d’aria risulta praticamente inesistente per di più a volte capitava che a causa della grande affluenza di emigranti sulle navi venissero allestite camerate improvvisate dove fino a poco prima era stato stivato il carbone per le caldaie ed ovviamente tutto ciò avveniva senza minimamente pulire!!
Oltre a questo bisogna anche pensare che spesso gli emigranti, non essendo per nulla abituati al rollio della nave diventavano facilmente preda del vomito e della nausea tipica del mal di mare quindi anche quel poco cibo mal conservato che veniva loro dato, oltre che immangiabile, veniva magari immediatamente rimesso.
Le cronache così descrivono questi veri e propri viaggi della speranza: “a causa del freddo l'emigrante si sdraia vestito e calzato sul letto, ne fa deposito di fagotti e valigie, i bambini vi lasciano orine e feci, i più vi vomitano" . Dopo qualche giorno ogni letto è "una cuccia da cane".
Nei dormitori l’aria diventava ben presto irrespirabile ed allora gli emigranti ogni tanto per sfuggire alle luride camerate comuni salivano sopra coperta per respirare, lividi, tremanti di freddo, con la testa ravvolta nei fazzoletti da naso, con la giacca rovesciata per non sciuparla, sorreggendosi schiena contro schiena per riscaldarsi e farsi coraggio.
Gli emigranti venivano completamente abbandonati a se stessi e le cronache navali non smentiscono il fatto che si arrivasse anche a veri propri casi di morti per fame a causa del fatto che le scorte alimentari, magari mal calcolate, terminavano!!!
Questi viaggi rappresentano inoltre un tremenda strage di bambini; il viaggio nel nuovo mondo si concludeva spesso per i più piccoli in una mattanza e sono soprattutto le epidemie di morbillo e varicella a provocare decessi di massa. La mancanza di cure appropriate, il degrado ambientale dei dormitori, spesso l'incompetenza del personale medico, facevano assumere a quella che era una normale patologia infantile il carattere di una pericolosa epidemia.
Le cronache riportate dai nostri familiari a tal proposito sono unanimi nel raccontare una storia davvero a dir poco agghiacciante: “Durante la lunga traversata dell’oceano, il deperimento fisico dei passeggeri risultante dalle condizioni in cui si doveva vivere si sommava alle malattie contagiose come tifo, colera, forme pestilenziali (portate dai topi) per non parlare dei disturbi polmonari come influenza e polmonite dovuti all’umidità nonché la famigerata pellagra (dovuta ad una dieta basata solamente sulla polenta) e allo scorbuto dovuto alla mancanza di vitamina C nell’alimentazione. Non poteva essere diverso in navi affollate in cui c’era promiscuità tra uomini, bagagli e animali senza ventilazione ed in cui proliferava ogni sorta di immondizie (topi, pulci, pidocchi, mosche e vermi)”.
A sentire questi racconti viene veramente naturale pensare che in generale tutti gli emigranti partivano aiutati dalla fame e dalla sana ignoranza ma proseguivano soprattutto sostenuti dalla fede. Non si possono trovare altre spiegazioni!
Chissà cosa avrà pensato Alessandro nelle lunghe notti trascorse in nave… A quel punto sicuramente avrà colto tutte le difficoltà e la pericolosità della sua scelta; si sarà, ad esempio, reso conto che il mare è una barriera assolutamente invalicabile; se decideva di tornare a casa era obbligato a prendere una nave quindi servivano i soldi per il biglietto.
Non è come emigrare in altri paesi europei dai quali, nel caso fosse andata male, si poteva tornare a piedi; il mare è una barriera che elude completamente la possibilità di ritorno in caso di fallimento ed il Nuovo Mondo può trasformarsi in una prigione. Dal Nuovo Mondo non si torna se non ricchi!
Dopo giorni di navigazione finalmente si intravvede la nuova terra: il Brasile! La nave fa tappa dapprima a Rio de Janeiro poi a Paranaguà, poi ancora Sào Francisco ed infine giunge alla tappa finale dove Alessandro sbarca: la città di Itajai.
E’ il momento dei controlli medici. Date le bestiali condizioni in cui la gente era costretta a viaggiare era molto probabile contrarre malattie ed in questo caso i migranti erano respinti e rispediti in patria oppure messi in quarantena. A volte capitava che intere navi venissero rispedite al porto di partenza perché infestate da epidemie. Alessandro supera le visite mediche previste per gli emigranti; ha sulle spalle gli stenti del viaggio ma la speranza nel "nuovo Mondo" finalmente raggiunto fa presto dimenticare tutti i disagi ed i patimenti del viaggio, appena vissuti ed è pronto ad affrontare con decisione il riscatto sociale tanto agognato!!!