Nasce a Porto Franco (odierna Botuverà) il giorno 20 Settembre 1885 nella casa di famiglia posta sulla riva destra del rio Itajai-Mirim ed è il primo figlio maschio della coppia o, quantomeno, è il primo di cui si ha conoscenza che riesce a sopravvivere fino all’età adulta!
Come già detto nel caso delle sorelle maggiori, non sappiamo se la famiglia Tirloni inizia a vivere fin da subito in questa grande casa oppure ci vada in un secondo tempo quindi può darsi che anche la piccola Joao abbia iniziato la sua vita in una piccola baracca di legno che magari sorgeva nello stessa area in cui in seguito verrà edificata la grande casa.
Joao viene al mondo 9 anni dopo la fondazione di Porto Franco quindi bisogna pensare che anche in questo periodo Porto Franco non aveva assolutamente la parvenza di un borgo ma, al contrario, niente di più facile che fosse ancora poco più che un piccolo gruppo di sparute ed isolate capanne di legno inghiottite dal mato in cui con una fatica ed una costanza davvero incredibile il gruppo di pionieri doveva lottare ogni giorno per sopravvivere.
Anche per Joao valgono tutte le considerazioni precedentemente fatte per le sorelle maggiori: tutti i bambini hanno incontrato le medesime difficoltà neonatali ed anche per Joao il fatto di arrivare al compimento del primo anno di vita non deve essere stato assolutamente un cosa scontata!!!
Al momento della sua nascita i sui genitori hanno rispettivamente 32 e 28 anni mentre le sorelle maggiori (prendendo per vere le date di nascita ufficiali che, come detto, destano alcuni sospetti) hanno rispettivamente: 5 anni Joana, 1 anno e mezzo Albina e solamente 9 mesi e mezzo Rosa.
Se si rivelassero realistiche le date di nascita di Albina, Rosa e Joao possiamo facilmente immaginare quale fatica sia stata per la madre fare, nelle condizioni estreme in cui le toccava vivere nella foresta, addirittura 3 parti a distanza di soli 17 mesi; praticamente non appena nasceva un figlio subito restava incinta del successivo… è davvero incredibile che la povera mamma Elisabetta non sia morta sfiancata da tutta questa fatica!!
Soprattutto un tempo era desiderio di tutte le coppie avere figli maschi perché questi rappresentavano forza lavoro, aiuto nei campi e continuazione della stirpe quindi si può facilmente immaginare la gioia che avranno provato sia Elisabetta che soprattutto Alessandro quando hanno visto che il neonato era un maschio!
Per rispettare la tradizione che vuole onorare le origini familiari, al bimbo viene dato il nome del nonno paterno, quel Giovanni Tirloni il cui ricordo già a quei tempi era perso nel passato in quanto morto durante l’infanzia di Alessandro ed anche Joao sarà destinato ad una vita molto breve, addirittura più breve di quella vissuta da quel nonno di cui probabilmente sente parlare nei ricordi d’infanzia di suo padre.
Si potrebbe pensare che in questo angolo sperduto della foresta brasiliana non esistessero i problemi legati al freddo (che caratterizzano i lunghi inverni dell’Europa) ma in questo ci correggono i nostri vecchi parenti del Brasile i quali ricordano perfettamente come tanti anni fa –a differenza di adesso in cui non succede praticamente più – durante l’inverno capitava che si verificassero addirittura le gelate!!! Certamente non è come in Italia, il freddo durava davvero molto poco e la neve non è mai esistita ma bisogna pensare che assolutamente nessuno era attrezzato per far fronte al benché minimo abbassamento delle temperature! Sicuramente questi primi anni saranno stati difficilissimi per tutti e soprattutto per i bambini!!!
Joao viene battezzato dal Reverendo Augusto Servanzi il 31 Gennaio 1886, suoi padrini sono Joao Merico e Lamira Boscheroli e proprio grazie al certificato rinvenuto negli archivi ora custoditi nella curia di Florianopolis si viene a scoprire che questo battesimo avviene nella cappella di Nova Trento.
Questo fatto è davvero strano, soprattutto se si considera che nel suo atto di nozze si riporta che Joao è nato ed è stato battezzato a Porto Franco! Come mai è accaduto questo fatto? Difficilmente si tratta di un errore perché la località del battesimo era più importante della data di nascita…
Anche nel suo caso, come per tutti i vecchi parenti del Brasile, il suo nome nei Registri Parrocchiali risulta scritto in lingua italiana “Giovanni” ma per effetto della campagna nazionalistica voluta negli anni ‘40 dall’allora dittatore Getúlio Dornelles Vargas viene in seguito sempre trascritto nella forma portoghese “Joao”.
Esaminando gli atti di battesimo di tutto il resto dei familiari si vede che per anni Porto Franco viene considerata genericamente “parrocchia di Brusque” mentre Nova Trento è già a quel tempo riconosciuta come realtà parrocchiale a se stante e ciò lascia ancora meno margine di errore.
Considerato il lungo tempo che trascorre tra la nascita ed il battesimo di Joao viene quasi da pensare all’ipotesi che per lungo tempo la piccola comunità di Porto Franco non vede la presenza di un prete che possa amministrare i sacramenti e così, trascorso un po di tempo, Alessandro ed Elisabetta decidono di far battezzare il bambino nella vicina parrochia di Nova Trento. Non bisogna scordare che vivendo nella foresta la morte neonatale era quanto di più facile potesse accadere quindi non si poteva aspettare troppo ad amministrare un battesimo!
Possiamo immaginare che anche l’infanzia di Joao sia stata brevissima se non praticamente inesistente… Possiamo immaginare che il piccolo Joao trascorresse le sue prime giornate controllato soprattutto dalla sorella maggiore Joana cui ormai toccava essere una seconda mamma per tutti i suoi fratelli e sorelle mentre la mamma ed il papà erano affaccendati in tutte le loro operose e pesanti attività tese a fare nascere dal mato questo borgo primordiale.
C’era moltissimo da fare, praticamente tutto! Bisognava disboscare la foresta per fare posto alle coltivazioni ed agli spazi per la sopravvivenza della famiglia, tagliare le piante per ottenerne legna da utilizzare, dissodare il terreno togliendo le radici per poterlo coltivare e costruire tutte le infrastrutture utili. Insomma: bisogna immaginare che c’era sempre molto trambusto, molto disordine e – quando pioveva – c’era anche molto fango; non certo un mondo idilliaco a contatto con la natura.
Con delle giornate scandite sempre in questo modo si capisce bene che i due genitori avevano ben poco tempo da dedicare ai loro bambini i quali sicuramente devono aver imparato ben presto a badare a se stessi. Come si usava fare un tempo, i bambini venivano stretti nelle fasce e portati insieme ai genitori nel luogo in cui si doveva lavorare e mentre ci si spaccava la schiena ogni tanto si lanciava uno sguardo verso l’infante per controllare se non ci fossero problemi e quando il piccolo piangeva ….come da tradizione lo si lasciava piangere perché si pensava “così si rafforzano i polmoni”! Nel caso di Joao si deve immaginare che la piccola sorella Joana ben poco avrà potuto fare anche perché doveva contemporaneamente aiutare la madre e badare a ben 3 bimbi piccoli…
Dopo una lunga giornata passata a lavorare fino allo sfinimento, con il calare delle tenebre arrivava il momento del meritato riposo; sicuramente la mamma Elisabetta rientrava in casa (o, più probabilmente nella piccola capanna di legno) con i quattro bimbi per preparare la cena mentre il papà Alessandro finiva di sistemare le ultime cose e solo dopo poteva permettersi di riprendersi dalle fatiche mangiando le povere cose che la natura e l’agricoltura primordiale del posto concedevano. Con 4 bambini, di cui tre piccolissimi (quindi spesso piangenti) si può ben immaginare che di tempo per riposare ce ne fosse davvero poco.
Bene o male queste cose accadevano ovunque e questa era una costante della realtà contadina ovunque ma qui in Brasile c’era un’aggravante poiché quando durante la sera ci si ritirava nella propria casa per riposare c’è da pensare che le orecchie di tutti fossero sempre in allerta per sentire eventuali rumori “strani” che potessero far pensare ad un attacco da parte di qualche animale selvatico o, peggio, da parte dei selvaggi Bugres…. Ecco che allora anche quei pochi attimi di pace finivano e si doveva subito scattare per difendere la vita propria e dei piccoli ed indifesi bambini. Insomma: la tranquillità era una merce rara e diventare grandi era davvero difficile!!!