Mentre accadono tutte queste cose sopra raccontate, nella famiglia si consuma un’autentica tragedia che ha davvero dell’incredibile e palesa in maniera inequivocabile la dura e spietata crudeltà del vecchio Alessandro.
Già dal 1917, prima che i figli maschi partissero per la Grande Guerra, la figlia Francesca, sposata da soli 2 anni inizia a soffrire di una misteriosa malattia che nessun medico riesce a diagnosticare e debellare. La giovane, supportata dalla famiglia del marito, si reca da ogni specialista conosciuto pur di guarire ma ogni tentativo è vano e le sue condizioni di salute peggiorano sempre di più. Ha bisogno costante di medicine e ad un certo punto si ritrova senza più soldi…
Al marito Agostino Pesenti è costretto ad emigrare in Francia pur di guadagnare i soldi necessari alle cure della giovane moglie che nel frattempo ha messo al mondo due bambini. A questo punto Francesca inizia a rivolgersi al padre per un aiuto economico ma anche di fronte ad una simile disgrazia il vecchio Alessandro scuote deciso la testa e dice che ormai non spetta più a lui prendersene cura!!!
Il quadro clinico di Francesca peggiora sempre di più e dopo un calvario che dura ormai da 3 anni, spaventata per la sua sorte che appare ormai inevitabile, lacerata dalla preoccupazione per i figli infanti ed il marito lontano ma anche psicologicamente distrutta dalla crudeltà di questo padre che si rifiuta di pagarle le cure, Francesca raccoglie le ultime forze per scrivere una disperata lettera in Brasile:
Covo li 24-2-1920
Carissima sorella e cognato.
Con molto dolore ti devo far noto delle mie tristissime condizioni di salute.
Or sono 36 mesi che sono ammalata in modo da non potermi servire da sola.
Ne provai di tutte ogni mese per poter recuperare la mia prima salute; provai a casa e all’ospedale di Bergamo per due mesi; mi hanno consigliato di recarmi a Genova da uno specialista e ci stetti per quattro mesi in ospedale con la spesa di £.11 al giorno ed ora sono a casa e vado peggiorando ogni giorno.
Un’altra cosa che forse aggrava la mia lunga e sofferta malattia è “ nostro padre!!” che con quell’egoismo del denaro!!! Credimi sul mio nome e sulla testa dei miei cari due bambini: nostro padre non mi avrebbe mai offerto neppure un bicchiere d’acqua se fosse costato cinque centesimi.
Sai cosa succede? oltre quello v’è che nostro padre ha fatto testamento e sappiamo già com’è fatto: a noi ragazze ha assegnato £.5000 cinquemila quando invece i fratelli restano con più di £.60000 sessantamila ciascuno. Vedi quale proporzione esiste? e non gli si può dir nulla, conserva ancora quel brutto carattere.
Termino con la speranza che con la tua prima vorrai dir qualcosa a nostro padre a mio riguardo perché ora ho proprio bisogno di un soccorso.
A vedere mio marito e famiglia quanto hanno fatto per me, quanti e quanti denari che hanno speso e nostro padre che possiede molto più della famiglia Pesenti mai ha concorso ad una più piccola spesa a mio riguardo; mai, mai, mai.
Più volte ti scrissi ma non ebbi mai risposta diretta a me.
Saluti infiniti a te e tutta la tua cara famiglia; saluta a mio nome anche i nostri fratelli e di loro delle mie tristissime condizioni di salute,
Termino perché non mi posso più reggere, mia cara (sorella) sono sfinita, le forze fisiche ogni giorno mi vanno scomparendo; ora ho una gamba morta e mi devo reggere con le stampelle ed il busto metallico giorno e notte.
Infiniti saluti
sono tua sorella amata
Francesca
Questa lettera non ha bisogno di commenti! E’il triste sfogo di una giovane donna sfinita dalle ingiustizie perpetratele dal proprio padre nel nome del dio denaro; una volta pagata la dote, sua figlia apparteneva in toto al marito, come fosse una merce, e lui non aveva più obblighi di alcun tipo verso di lei. Grazie a questa lettera, indirizzata alla sorella Rosa di Nova Trento, conservata da quest’ultima e giunta fino ai giorni nostri, la figura del vecchio Alessandro viene per sempre smascherata e consegnata al giudizio dei posteri in tutta la sua reale crudeltà!
Non sappiamo cosa succeda subito dopo questa lettera, non sappiamo come si comportino i fratelli in Brasile ed in Italia, non sappiamo se il vecchio Alessandro si smuove dalle sue assurde convinzioni ma ormai non c’è più tempo per fare nulla: due mesi dopo, la mattina del 22 Aprile, dopo aver ricevuto i conforti religiosi Francesca raggiunge la pace eterna a soli 26 anni.
…Chissà se Alessandro, almeno in quest’occasione, è stato colto dal senso di colpa…
Una cosa che lascia stupiti è il fatto che qualche giorno prima del decesso di Francesca in Brasile arriva un’altra lettera, scritta da Eliseo il giorno 30 Marzo, che inizia rassicurando tutti i fratelli brasiliani della buona salute di tutti i componenti della famiglia. Scrive testualmente Eliseo in questa lettera: “siamo rimasti tutti contenti di sentire che la vostra salute è perfettamente ottima, così posso assicurarvi anche di noialtri tutti in famiglia”.
Di solito queste note erano usate come pura formalità all’inizio della corrispondenza ma fa specie pensare che mentre Eliseo scrive questa cosa Francesca sta vivendo il suo ultimo mese di vita! E’ probabile che con questa nota Eliseo voglia riferirsi ai soli residenti della Battagliona quindi non include Francesca che non vive più nella casa paterna…
La disperata lettera di Francesca ci offre l’opportunità di scoprire una cosa interessante poichè la rivelazione del testamento ci permette di quantificare la ricchezza del vecchio Alessandro che nel 1920 possedeva una cascina e 275.000 Lire. L’azienda è piccola ma la liquidità che ha a disposizione è davvero ragguardevole!!!
Se al giorno d’oggi fa impressione la disparità di trattamento tra figli maschi e figlie femmine bisogna dire che ai tempi era tutto molto diverso ed era prassi lasciare alle figlie solo una quota detta “la legittima”. Non sappiamo se questa quota fosse una percentuale fissa ben precisa ma nel caso in questione le figlie riceveranno solamente l’8,5% della quota destinata ai figli; il divario tra le due cifre è tantissimo!
Sempre nella lettera che Eliseo scrive in Brasile il 30 Marzo 1920 si viene a sapere che in Brasile i nostri parenti si adoperano per mandare i figli a scuola ed Eliseo si compiace della scelta e ne approfitta per rimproverare il padre Alessandro che invece non si è mai curato di dare una cultura ai figli destinandoli a diventare: “grandi e asini”.
Sempre in questa lettera Eliseo fa un rendiconto di quanto sia aumentato il costo della vita in Italia negli ultimi periodi e si vede chiaramente un fortissima inflazione dovuta al conflitto bellico.
Nei primi mesi dell’anno successivo lo scambio epistolare tra le due parti di famiglia si fanno molto frequenti ed a distanza di soli 15 giorni vengono spedite in Brasile ben 3 lettere che ci ragguagliano su quanto accade a Covo.
La prima lettera è scritta da Angelina la quale non manca di rimarcare il dettaglio del carattere del padre che è diventato ancor peggiore di quando era in Brasile (l’ennesima conferma del fatto che Alessandro è da sempre stato un uomo duro e dal carattere pessimo). Veniamo a sapere che:
- Agostino Nava non è ancora completamente ristabilito dai malanni contratti in trincea
- Il vecchio Alessandro, a distanza di 10 anni, non ha ancora pagato tutta la dote che Angela ha faticosamente ottenuto per l’intercessione della defunta mamma Elisabetta.
- Vittoria e Antonia al contrario hanno avuto una buonissima dote e soprattutto quest’ultima ha una vita decisamente agiata
- Vittorio e la sua famiglia, non potendo più sopportare il vecchio Alessandro, se ne sono andati di casa e versano in una situazione davvero brutta.
La seconda lettera è scritta da Agostino Nava che, oltre a tessere un bellissimo elogio della defunta suocera Elisabetta, rimarca tutte le cose dette dalla moglie con dovizie di particolari ed aggiunge un altro dettaglio importante e cioè che il vecchio Alessandro ha ceduto la cascina e la terra in affitto.
La terza lettera è scritta da Vittorio stesso che si sfoga con la sorella per la situazione assurda in cui gli tocca vivere e non nasconde le grandi difficoltà a cui deve far fronte ma smorza i toni di critica nei confronti del vecchio padre dimostrando di non aver perso il suo rispetto filiale.
Dall’analisi delle lettere si evince che Vittorio, a seguito dei continui screzi con il padre, ha deciso di andarsene di casa ma purtroppo sta facendo i conti con una forte crisi economica e con la carenza di lavoro ma essendo il figlio di un uomo molto ricco non viene aiutato dall’assistenza sociale in quanto considerato comunque persona abbiente.
Alessandro, non si sa per quale motivo, ha ceduto la cascina e la terra in affitto e proprio a causa della crisi economica adesso l’affittuario si ritrova a guadagnare molto con la vendita dei prodotti agricoli ed Alessandro deve accontentarsi della rendita data dall’affitto… Ovviamente la cosa indispone tantissimo tutti i familiari tanto che il genero Agostino Nava non si fa scrupoli a definire “una castroneria” questa scelta del suocero e fa presente che il vecchio Alessandro “si trova pieno d’imprecazioni dei suoi figli che si trovano ora senza terra e senza tetto”
Sembra davvero incredibile che una persona con così tanto fiuto per gli affari sia incappato in un simile errore… Pare quasi incredibile che ci si riferisce alla stessa persona che dal nulla ha creato una fortuna!!!
Questa scoperta ci aiuta però a riflettere sui comportamenti di Alessandro che, in effetti, da quando è arrivato in Italia è come se avesse perso tutta la sua capacità imprenditoriale: inizialmente ha comprato un’azienda tutto sommato piccola forse per evitare di impegnare troppo soldi in un mercato sconosciuto (scelta che appare sensata e oculata, come si era già detto) ma, cosa assai strana, in un decennio non ha assolutamente incrementato i suoi possedimenti. Il suo processo di emancipazione si è fermato e tutte le sue cure ed il suo ingegno si sono fossilizzati solo nel risparmio ad ogni costo.
Se poteva apparire sensata e oculata la scelta iniziale, appare invece strano tutto il resto; non si sa cosa abbia causato questo inaridimento delle sue capacità imprenditoriali; mio padre, commentando le successive scelte di Alessandro, ha ipotizzato una spiegazione tutto sommato molto calzante: Alessandro si è ritrovato da anziano in una realtà di mercato completamente differente da quella pressoché arcaica ed embrionale in cui si era abilmente mosso per più di 30 anni in Brasile; le regole dell’economia italiana erano troppo differenti e complesse per la sua forma mentis ed era forse già troppo vecchio per riuscire ad adattarsi. Questo lo ha fatto “spaventare” e la risposta più immediata che ha trovato è stata appunto quella di evitare totalmente ogni rischio pur di preservare il suo patrimonio.
In un’altra lettera scritta da Eliseo alla fine dell’Ottobre 1921 la situazione appare sempre più ingestibile per chiunque sempre a causa del carattere del vecchio Alessandro che tutti rimarcano essere a dir poco assurdo e dispotico.
Come tute le lettere anche la sua inizia rassicurando i parenti riguardo al buona salute di tutti i membri della famiglia ma subito dopo Eliseo inizia il suo sfogo per nulla diverso da quello dei fratelli anzi, ancor più deciso e forte.
In un passaggio della sua lettera dice testualmente frasi di pesantissima critica tipo: “ non posso soffrire il papà… Non si può andare d’accordo un minuto… ci fa diventare tutti matti” di cui poi quasi si vergogna perché inadatte ad un figlio che dovrebbe comunque mantenere rispetto ed ossequio nei confronti di un genitore; arriva infatti addirittura a scusarsi con la sorella a cui rivolge la lettera perché si rende conto che i parenti in Brasile non possono certi restare tranquilli leggendo tutte queste critiche che arrivano da più parti, scrive infatti: “ Mi scuserete se vi ho offeso in qualche cosa o se ho fatto del male a dirvi tutto quello che vi ho detto”.
Ormai, passato il momento di grande crisi dovuto alla guerra in cui si legge per l’unica volta di un vecchio Alessandro vacillante fragile ed impotente, tutte le lettere iniziano sempre più a somigliarsi ed ognuna di esse diventa una mera critica più o meno estrema nei confronti del vecchio Alessandro. Il quadro che ne esce non è per niente edificante per il vecchio patriarca che appare come un autentico mostro di egoismo e perfidia, capace di ogni più becera azione. Sempre in questa lettera Eliseo sottolinea il fatto che il vecchio padre, con il suo comportamento estremo, riesce a far disperare persino il fratello Emanuele che evidentemente deve aver sempre avuto un carattere molto mite e paziente anche di fronte ad una situazione così tesa e difficile.
Eliseo però osa addirittura di più dei suoi fratelli, lui è il più giovane dei figli maschi e probabilmente è mosso dai furori e dagli estremismi della sua giovane età; mentre tutti gli altri si limitano a chiedere ai fratelli in Brasile di intercedere per loro e cercare di fare ragionare il vecchio padre, Eliseo arriva a chiedere ai fratelli di fare una colletta ed inviargli i soldi necessari per venire in Brasile perché lui in Italia proprio non ci vuole più rimanere!!!
I racconti tramandati dalla famiglia narrano che in effetti i fratelli in Brasile rimangono molto colpiti dalla richiesta di Eliseo, raccolgono i soldi e li spediscono in Italia in aiuto al fratello ma a questo punto succede una cosa davvero spiacevole: il vecchio Alessandro rintraccia la missiva contenente i soldi per Eliseo e li requisisce senza dire niente al giovane che attenderà invano i soldi per molto tempo. Eliseo scoprirà solo dopo molto tempo questa presa di posizione del vecchio Alessandro che addirittura manda a dire ai figli in Brasile che Eliseo ha ricevuto i soldi e li ha tenuti per pagarsi il futuro matrimonio!
Cosa ha spinto il vecchio Alessandro a fare una simile azione? Lui non vuole assolutamente che il figlio vada via di casa e soprattutto si è sicuramente stupito del fatto che i figli in Brasile siano arrivati addirittura ad organizzare una colletta tra di loro quindi per evitare che in futuro si ripetano simili cose preferisce divulgare notizie false che lo screditino agli occhi dei fratelli…
Nell’ultima lettera giunta fino a noi, datata 14 Giugno 1922, la figlia Angela continua a rimarcare il fatto che Alessandro non si comporta mai in maniera giusta… Le scelte ed i comportamenti estremi di Alessandro finiscono con l’irrigidire anche tutti i figli ed inevitabilmente anche il rapporto tra tutti i fratelli diventa davvero molto teso ed a pagarne le conseguenze sono soprattutto Angela e Vittorio.
Alessandro giunto alla soglia dei 70 anni (età a quei tempi considerata ragguardevole) vive in casa con il figlio Emanuele, la nuora Rosa, i loro 3 figli; insieme a loro vive ancora il figlio più giovane Eliseo ma ancora per poco tempo. Quando anche lui si sposa in casa entrerà la giovane moglie Giuseppina (detta Pina) ed insieme alla famiglia del cognato Emanuele si prenderanno in carico la difficile gestione del vecchio ed ingombrante patriarca.
Sul fatto dell’età del patriarca ricordo sempre un aneddoto che mio nonno Giuseppe faceva proprio per indicare quanto sia relativo il concetto di vecchiaia. Raccontava il nonno parlando con un conoscente: “Ma sa regorde de me nono Tirlù che l’ghera pasat i 70 an, e na olta paria de dì chisà cusè… me sie picinì e pensae: cusa el fa amoò al munt un om isè ec?? = mi ricordo di mio nonno Tirloni che aveva superato i 70 anni e a quel tempo sembrava chissà che cosa (un età sbalorditiva) ….io ero piccolino e pensavo: cosa ci fa ancora al mondo un uomo così vecchio?” e poi sorridendo aggiungeva: “…me, de che a ‘n po, ne fo 75… = io tra un po ne compio 75…” lasciando intendere che non si sentiva né vecchio né, tantomeno, inutile al mondo ma al contrario si augurava di vivere ancora.
Quella che un tempo era vista come una persona veramente longeva viene oggi vista come una persona che inizia ad entrare nella cosiddetta “terza età”. Si può dire che i 70 anni di un tempo sono paragonabili ai 90 anni dell’epoca attuale quindi vedere una persona così avanti con gli anni ma ancora incredibilmente attiva destava stupore ed ammirazione.
Una nota degna di merito nel comportamento di Alessandro è il fatto che, a differenza di alcuni vecchi,non disdegna la compagnia dei nipotini ed ama raccontare – forse con una punta di orgoglio – la sua storia personale e racconta spesso di quando è partito emigrante e di tutte le traversie trascorse; proprio per questo mio nonno Peppino ricordava così bene la figura del vecchio patriarca che viveva in casa con loro ed è merito di quella voglia di raccontare che al giorno d’oggi si può fare ancora memoria di quelle gesta.
Per Alessandro mettere mano al borsello è un vero trauma. Mio nonno ricordava che solo in occasione della festa del paese Alessandro metteva due dita nella tasca del panciotto e prelevava qualche moneta da dare ai nipoti per comprarsi le castagne bollite. Questo è l’unico regalo che il vecchio Alessandro fa ai bambini!
Un’altro ricordo molto vivo in mio nonno Peppino era legato al momento della riscossione delle imposte: sul campanile di Covo c’è una campana che viene suonata proprio in questa occasione e per Alessandro ogni volta che suona è una condanna; va in preda a veri e propri attacchi di ansia e quando si riprende inizia ad inveire contro lo Stato ladro che lo deruba del sudore della sua fronte. Mio nonno ricordava le testuali parole del suo tipico sfogo in queste occasioni: “A Roma i solc i va so a vagù e vagù; ah, ma se rie a metighe dent una masnada… = A Roma i soldi vanno giù a vagoni e vagoni; ah, ma se riesco a metterci dentro una manata...( facendo il tipico gesto della la mano che arraffa)”.
Legato a questo periodo si ha un ricordo citato dalla nuora Giuseppina che ha conosciuto il suocero solamente nei suoi ultimissimi anni di vita ma ha potuto sperimentare sulla propria pelle la sua smisurata avarizia. Alessandro, come noto, tiene talmente saldo il portafoglio che tutta la famiglia patisce la fame perchè anche il cibo è lesinato. In casa vi sono le giovani donne incinte oppure nel periodo dell’allattamento ...Lo stomaco è sempre vuoto e così le donne si alleano ed escogitano un piano per elidere i suoi controlli.
Accade quindi che la sera a tavola continuano a versare il vino nel bicchiere del patriarca il modo da renderlo alticcio dopodichè lo mettono a letto e loro poi si chiudono in cucina e incominciano ad impastare le "foiade" (grosse tagliatelle) che poi immediatamente cucinano e mangiano. Visti gli ottimi risultati decidono di ripetere la cosa diverse volte, il vecchio Alessandro si accorge che la quantità di farina continua a diminuire più velocemente del solito ma non scoprirà mai il sotterfugio… Almeno in quell’occasione le pance si riempiono senza problemi!!!
Il suo comportamento estremo ed il suo tremendo egoismo lo condannano a passare gli ultimi anni di vita inviso alla maggior parte dei figli che, come ben dimostrato nella lettera di Vittorio gli porteranno sempre il doveroso rispetto filiale (come un tempo era praticamente obbligo) ma saranno scevri dal provare autentico affetto nei suoi confronti.
Come descritto sin’ora si può ben vedere che nulla gli viene risparmiato nella sua vita terrena e probabilmente nel pieno della calura estiva del 1924 Alessandro viene raggiunto dall’ultima tremenda notizia della sua vita. Giunge una lettera dal Brasile, una lettera come tante che è abituato a ricevere e magari inizialmente sospetta che sarà portatrice dei soliti ammonimenti alla correttezza che i figli d’oltre oceano, sentendo le notizie incredibili che arrivano dai fratelli in Italia, probabilmente non mancano di fargli, le solite raccomandazioni per il quieto vivere a cui lui sicuramente non da retta o al contrario recherà notizie di poco conto ed inizia a far leggere la lettera oppure personalmente la legge tranquillamente.
Questa volta, la lettera porta tutti a conoscenza di una grande disgrazia occorsa proprio al suo figlio primogenito Joao – colui nel quale aveva inizialmente riposto tutte le sue speranze di giovane padre e che 15 anni prima gli aveva dato quella cocente delusione non volendo venire in Italia – che ha trovato la morte, a soli 38 anni, per un infezione di tetano contratto a seguito di un incidente occorsogli mentre tagliava una pianta per la sua segheria di Acqua Negra.
Può anche darsi che in tutti questi anni Alessandro sia stato ancora arrabbiato con il figlio maggiore per la scelta di non seguirlo in Italia ma sicuramente la notizia della sua morte è in assoluto l’ultimo colpo inferto dal destino al vecchio Alessandro per quanto riguarda la sua famiglia!
Un altro durissimo colpo che fa sicuramente vacillare il vecchio Alessandro gli viene inferto dallo Stato e lo colpisce proprio nel suo interesse più caro: i soldi. In Italia poco più di due anni prima, a seguito della Marcia su Roma, era salito al potere Benito Mussolini – noto come “Il Duce” – ed il governo dittatoriale fascista iniziava a mettere in atto tutte le manovre ritenute necessarie per far riprendere forza all’economia italiana che era in ginocchio.
Uno scoglio davvero difficile da superare era fare innalzare il potere d’acquisto della moneta italiana; ai tempi il confronto era fatto con la Sterlina inglese e per comprare una sterlina occorrevano poco più di 150 Lire italiane. L’azzardato obbiettivo fascista è quello di rivalutare la moneta italiana del 40% fino a raggiungere un rapporto di cambio pari a 90 Lire per 1 Sterlina. La famosa “Quota 90”!
La politica deflazionistica varata dal governo all’inizio del 1925 consiste in una brusca diminuzione dei prezzi che si ripercuote in una immediata diminuzione dei ricavi di tutti i prodotti di commercio; questo porta ad una recessione economica avvertita inizialmente soprattutto dagli imprenditori e poi si ripercuote a catena sull’economia dell’intera popolazione. Calando i prezzi, calano i salari e cala il valore di ogni cosa. Questo pesa fortemente sulle rendite e sui guadagni del vecchio Alessandro che vede in poco tempo sfiorire sensibilmente tutte le sue ricchezze.
Alessandro, nonostante tutto, riesce a non farsi sopraffare totalmente dagli eventi; grazie alla sua grinta ed al suo coraggio risveglia il suo acume per gli affari e riesce – non si sa come – a correre ai ripari evitando la bancarotta. Ancora una volta riesce a riemergere dalla difficoltà e limitare parzialmente i danni ma purtroppo per lui il suo impero economico si è fortemente decimato.
Questo atto di forza e di volontà sarà l’ultimo della sua vita; all’inizio del mese di Maggio, la forte fibra di Alessandro da le prime avvisaglie dell’imminente cedimento. Viene colto da febbri che non accennano a passare; è la prima volta che i suoi familiari vedono il vecchio genitore ammalato e subito appare chiaro a tutti, compreso ad Alessandro, che la sua sorte è segnata.
Quello che fino a pochi giorni prima era un uomo dalla tempra e dal cuore d’acciaio giace ora impotente per giornate intere in quel letto nel quale era avvezzo trascorre solo poche ore notturne. La sua fragilità di vecchio emerge in tutta la sua naturalezza e lo consegna agli ultimi sguardi dei suoi familiari in una veste in cui nessuno fin’ora era mai stato abituato a vederlo. Ci piace pensare che almeno in quel frangente tutti i rancori con i figli vengano sopiti dalla cristiana pietà dell’estremo momento e che tutti vadano a rendergli l’estremo saluto.
Probabilmente durante le interminabili ore trascorse da moribondo in quel letto Alessandro riesce a rivedere tutta la sua vita, si rivede giovane energico e carico di entusiasmo mentre salpa verso l’ignoto; rivede l’ansa del fiume di Porto Franco dove è approdato con le canoe quasi mezzo secolo prima e rivede la sua gente, quella con la quale ha combattuto per la riscossa sociale in quell’angolo remoto del sud brasiliano. Ripensa alla prima volta che ha incrociato lo sguardo di Elisabetta, la brava moglie che ha sopportato il suo tremendo carattere e che da 13 anni lo ha preceduto nell’aldilà e ripensa a tutte le volte in cui il suo sfrenato egoismo ha fatto soffrire proprio le persone a lui più care.
Forse addirittura arriva a pentirsi seriamente per tutto il male che ha fatto, per quella figlia lasciata morire in giovane età e forse chiede perdono a tutti i suoi figli in un estremo tentativo di riabilitazione. Magari arriva addirittura a pensare che potrebbe essere ancora in tempo a rimediare ad alcune cose… ma ormai è troppo tardi ed è giunta l’ora che il vecchio leone salpi verso il viaggio più lungo, verso la meta più ignota in assoluto. La mente si offusca e gli occhi si perdono nelle nebbie della breve agonia.
Alle 4.30 del 9 Maggio 1925, proprio all’ora in cui per tutta la vita era solito svegliarsi ed iniziare le sue operose giornate, il suo forte cuore che aveva sopportato tante prove senza mai cedere si ferma per sempre. Aveva 72 anni.
Viene sepolto nel cimitero di Covo accanto alla moglie ed i resti dei due coniugi giacciono tuttora nella stessa tomba di famiglia. Attualmente i loro nomi, commentati da lunghi e poetici epitaffi come si usava all’epoca, non compaiono più sulle lapidi, sono stati tolti negli anni ‘60 per fare posto ai nomi di tutti gli altri discendenti che nel frattempo sono stati sepolti nella tomba di famiglia ma rimangono in loro ricordo le fotografie, scattate proprio nello stesso giorno in cui posavano per il famoso ritratto di famiglia.
Non sapremo mai come venne romanzata la parabola umana del vecchio Alessandro; mio nonno Peppo ricordava che mentre per la nonna Elisabetta erano state esaltate le virtù umane, per il nonno Alessandro non era stata usata falsa retorica e si erano esaltate soprattutto le gesta da lui compiute. Ricordava il nonno Peppo che l’epitaffio di sua nonna riportava frasi del tipo: “…moglie esemplare, madre amata… improvvisamente mancata all’affetto dei suoi cari…lascia un vuoto incolmabile… dolore e mestizia…” mentre quello del nonno recitava più o meno: “...nato a Bariano il giorno 26/11/1852, non si lascia impressionare dai pericoli ed emigra in Brasile [o più probabilmente “nelle Americhe”] ma non dimentico della sua nativa terra torna in Italia… instancabile lavoratore, esperto agricoltore, capace commerciante…”. Come si vede nel caso di Alessandro è stato volutamente evitato qualunque riferimento ai sentimenti!!!
Passati i giorni del lutto vengono sbrigate dai figli tutte le pratiche di successione ereditaria e grazie al racconto dei vecchi zii del Brasile Joao Tirloni e Dorval Luiz Maestri si viene a scoprire a quanto ammontava l’eredità lasciata dal vecchio siur Americà: 75.000 Lire, cioè solo il 27% di quanto possedeva solo 5 anni prima. Le perdite subite da Alessandro a seguito della famosa Quota 90 sono state abissali ma comunque sufficiente per definirlo un uomo più che benestante. I figli decidono di mantenere più uguaglianza tra le quote che spettano ad ognuno e si stabilisce di dividere questa cifra in 5.000 Lire per ogni figlia femmina e 10.000 Lire per ogni figlio maschio. Così viene fatto e quattro quote vengono spedite in Brasile.
Analizzando la sua vita si può ben dire che quel figlio “capitato”, non voluto, di due contadini bergamaschi, destinato a rimanere per sempre nell’anonimato, si è ritagliato grazie ad una caparbietà e ad una forza incredibile il suo posto nella storia ed il suo ricordo è destinato a durare ancora per molto tempo.
Ha dato vita ad una famiglia sterminata ed è anche merito suo se al giorno d’oggi un piccolo angolo di Brasile è un fiorente centro brulicante di vita e di attività. Al momento della sua morte 3 dei suoi 12 figli lo avevano già preceduto nell’aldilà, era nonno di 48 nipoti ed altri 10 se ne sarebbero aggiunti nel decennio successivo. Non ne siamo certi ma probabilmente era già bisnonno perchè in Brasile i nipoti più grandi, figli di Joana, erano già sposati.
Al giorno d’oggi di tutti i suoi nipoti ne rimangono vivi ancora 7 e 4 di questi erano già nati al momento del suo trapasso; il più vecchio di tutti, Joao Tirloni, vive in Brasile e quel giorno aveva circa 9 anni ed ancora ricorda la notizia della morte di quel nonno che lui non ha mai visto.
La sua discendenza è composta da 265 pronipoti, più di 600 trisnipoti, più di 200 quadrisnipoti ed ora stanno nascendo anche i primi figli di questi ultimi; un ottimo risultato per un figlio di contadini destinato a rimanere nell’anonimato!!!